NICOLA SAMORÌ

La candela per far luce deve consumarsi 

 

7 luglio – 1 ottobre 2017

a cura di Marcello Smarrelli

Il titolo fa riferimento a un pensiero attribuito a San Carlo Borromeo che con la sua vita ha incarnato l’idea di una luminosa consunzione, concetto che riverbera con forza da ogni opera esposta. L’artista romagnolo si è lasciato guidare dalle suggestioni del luogo per dare vita a un progetto in cui l’antica Pescheria e l’attigua chiesa del Suffragio si riappropriano della loro natura originale attraverso un dialogo inedito: quello tra le opere dell’artista e le immagini ‘sacre’ provenienti delle ricchissime collezioni dei Musei Civici di Palazzo Mosca. E proprio dai Musei Civici arriva l’indizio di partenza che ha guidato il lavoro di Samorì nello sviluppo di questo nuovo corpo di lavori per Pesaro. Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene distrutta l’ala destra di Palazzo Mosca e scompaiono una ventina di opere fra cui Cristo e un manigoldo del bolognese Giuseppe Maria Crespi. Il dipinto riappare durante i lavori di sgombero delle macerie: la superficie sfregiata ha restituito un occhio illeso circondato da ampie lacune; un ritorno involontario del metallo, otticamente simile a gran parte degli olii su rame di Samorì che nella sua poetica è solito ispezionare il rovescio della pittura attraverso una spoliazione accurata della pellicola dipinta.Partendo da questa immagine compromessa, la mostra innesca una confusione continua fra l’azione del tempo sulle opere delle raccolte civiche, di cui l’artista ha scelto di esporre una personale selezione – in parte proveniente dai depositi e in attesa di restauro – e i segni che scuotono in modo programmatico i dipinti e le sculture di Samorì. Nel dialogo con le raccolte civiche Samorì affronta un tema trasversale a tutte le epoche artistiche, quello del rapporto tra natura e artificio: ne è un ulteriore rimando la scelta di presentare Estesiasta, una scultura in marmo bianco di Carrara, di fronte all’Incoronazione della Vergine di Giovanni Bellini, capolavoro assoluto del Rinascimento, conservato ai Musei Civici di Pesaro.

Foto di Michele Alberto Sereni