ENZO CUCCHI

Quadri al buio sul mare Adriatico

28 luglio  –  30 settembre 2001

a cura di Ludovico Pratesi

La luce, nella storia dell’arte, è sempre stata ed è uno degli argomenti costantemente affrontati dagli artisti, perché elemento unificante o disgregante della realtà contingente, perché filtro in grado di declinare la visione nei suoi molteplici aspetti. Quando tu spegni la luce e metti i tuoi quadri al buio cosa ricavi? Cosa succede?
Enzo Cucchi. Io faccio questo perché quando arriva quel momento vado a riposare, che poi significa andare a leggere qualcosa di fondamentale che bisogna invitare il mondo intero a leggere. Parlo dello scritto d’arte in assoluto più importante che, ritengo, sia uscito negli ultimi cinquant’anni di questo secolo: il carteggio tra Goya e Velàsquez di José Ortega y Gasset incentrato su come la luce poggia sugli oggetti. Non ha la presunzione di essere un testo d’arte ma è un carteggio, uno scambio di battute. Leggendo, continuo a riposare. Questo è il mio sollievo, oltre al sollievo che ricavo guardando i miei quadri, che si devono guardare al buio, perché i quadri devono avere gli occhi. E devono avere gli occhi perché ti devono guardare, e tu devi guardarli al buio perché è chiaro che al buio vedi qualsiasi macchia.