È luglio ormai, e sarebbe terribile se a Pesaro non ci fosse il mare.
Il titolo della mostra – Mira il mare má lë – nasce da un mix giocoso di spagnolo, italiano e dialetto urbinate, traducibile con “guarda il mare lì”. Si tratta di un progetto site specific, maturato durante il lungo periodo di pandemia, che nasce dalla riflessione sul rapporto tra natura e artificio. Un tema da sempre al centro della ricerca artistica, ma particolarmente attuale in questo momento storico in cui assistiamo alla profonda frattura tra genere umano e natura, tra natura e oggetto, dove la macchina, considerata sempre meno una realtà innaturale, è diventata parte integrante di una nuova natura meccanizzata e elettronicamente integrata.
Nel Loggiato della Pescheria, il mare restituisce alla spiaggia curiosi tronchi di legno, objets trouvè che hanno inglobato altri elementi. Queste sculture sembrano assemblare e fondere stili e modalità di lavoro ispirati al medium che più di ogni altro ha definito la contemporaneità: il ready made.
Fa da sfondo Trevor, una video proiezione di oltre 30 metri, in cui lo spettatore è invitato a condividere la stessa visuale di Trevor Philips, protagonista di GTA V, un videogioco della PlayStation. L’artista cristallizza il personaggio in un tempo indefinito in cui si perde nell’orizzonte sconfinato del mare che si apre davanti a lui. Frequentemente compaiono delle mani che si sovrappongono alle onde, rivelando l’artificialità di questa visione solo apparentemente naturale.
Nella chiesa del Suffragio, il ciclo di dipinti dal titolo 1200 études pour le plus beau ciel du monde fa emergere la condizione di oblio/non oblio della pittura di rappresentazione su tela. La grande installazione, che occupa quasi per intero la superficie muraria della chiesa, compone una quadreria irregolare di pseudo monocromi tutti della stessa dimensione (30×40 cm), che rappresentano copie dal vero del cielo sopra Baia Flaminia, una famosa spiaggia di Pesaro. L’artista riprende la tecnica della pittura en plein air, rivisitando ed estremizzato il linguaggio impressionista, sostituendo il tubetto a olio con una contemporanea bomboletta. Su ogni tela una sagoma bianca: è l’impronta del dito che sorregge la tela per dipingere il cielo.