GIANNI POLITI

Benvenuto (anima del pittore giovane)

 

14 dicembre – 7 giugno 2020

a cura di Marcello Smarrelli

Dopo le personali di Thomas Braida e Matteo Fato, con Gianni Politi si completa una trilogia pensata per indagare altrettanti modi di intendere la pittura oggi.
Un pittore è un mondo fatto di immagini, ricorrenze e piccole manie che lo accompagnano durante la vita e che molto spesso sono chiavi per comprenderne le intenzioni e le motivazioni. Gianni Politi ha creato per gli spazi della Centro Arti Visive Pescheria un triplice intervento la cui funzione è quella di rivelare alcuni rapporti interni al suo lavoro.
Un processo di “riutilizzo di materiali” in cui, accanto a una pianificazione calcolata, entrano in gioco una serie di eventi casuali. Tre le tipologie di opere che presentano la ricerca di Politi come una mise en scene del suo percorso.
Dodici tele con il ritratto del padre, ambientate lungo la parete del Loggiato, fanno parte di una serie che l’artista sviluppa in maniera ossessiva dal 2012, un mantra pittorico, un remake perenne di un quadro antico lo Studio per un uomo con la barba (1770) di Gaetano Gandolfi che testimoniano il tentativo di dipingere un ritratto come eterno ritorno ad un fare pragmatico, ma anche una riflessione sul significato di questo genere pittorico.
Accompagna la sequenza un bassorilievo in bronzo di oltre due metri, Questa è la mia mente (2018-2019), in cui compaiono una moltitudine di scorpioni, una chiara metafora dei pensieri che affollano la mente dell’artista, ispirati dal Macbeth.
La terza serie di lavori, installata nella chiesa del Suffragio, affronta il tema cruciale della ricerca di Politi: la pittura astratta. Alle pareti cinque inediti quadri monumentali, realizzati con collage di tele, provenienti da frammenti di altri lavori, e spray acrilici. Sono esperimenti su ciò che nella pittura si può controllare e su ciò che necessariamente deve essere affidato al caso.  Al centro dello spazio si staglia un monolite, Il Nome che Porto è di uno Zio, Come lo Zaino del Contrabbandiere (Dolmen for a Perennial Existence) (2019), che presenta su uno dei lati un dipinto realizzato con spray acrilici, una sorta di statement sulla pittura aniconica.

Foto di Michele Alberto Sereni