GIOVANNI TERMINI

Disarmata

1 dicembre 2013 – 23 febbraio 2014

a cura di Ludovico Pratesi

Fondazione Pescheria-Centro Arti Visive è lieta di annunciare la mostra personale di Giovanni Termini (Assoro, 1972) che presenta per gli spazi della Chiesa del Suffragio il progetto dal titolo Disarmata.

Giovanni Termini esibisce nell’ampio spazio circolare della Chiesa una grande installazione in legno e ferro dal titolo Armatura; si tratta di uno scheletro armato dall’anima vuota, utilizzato di prassi per l’edilizia. L’artista ha scelto di affidare la fabbricazione dell’imponente struttura proprio ai costruttori che di norma realizzano le fondamenta e le opere murarie. Con questa operazione, Giovanni Termini intende indagare il presente attraverso l’assenza, una mancanza che diviene materiale e che si caratterizza come un’armatura vuota, fine a se stessa poiché decontestualizzata.

Nel reinterpretare una nuova idea di linguaggio scultoreo contemporaneo, l’artista utilizza materiali industriali lasciati grezzi, ma per questo estremamente comunicativi nel rappresentare una società disarmata e spesso inconsapevole delle proprie modalità d’azione. Giovanni Termini carica i suoi lavori dell’arma dell’ironia, per sottolineare il ruolo dell’artista nella società, all’ombra di quella che Zygmunt Bauman ha concepito come “vita liquida”.

La mostra si completa con una scultura, intitolata Disarmata da se stessa, costruita da stratificazioni di piattelli, anch’essi decontestualizzati e quindi resi opera d’arte, come fossero una sorta di totem da venerare, non senza una dose sottile di sarcasmo capace di rendere nuovo senso e valore agli oggetti comuni utilizzati. Infine l’artista propone la scultura intitolata Idea di coesione, in cui il rapporto tra l’espressione linguistica e la materia utilizzata crea un gioco di corrispondenze formali e concettuali tra l’opera e il pubblico.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, contenente le immagini delle opere esposte, un’intervista e un testo di Ludovico Pratesi.

Foto di Michele Alberto Sereni